Il capostipite dei centauri è stato Fausto, col suo Benellino a 3 marce. Tommaso portò a Chieti il suo Corsarino Moto Morini all'inizio del secondo. Lino e Renato durante l'estate si motorizzarono: un Califfo e un Ringo Rizzato. Poi arrivò la vespetta 50 di Giancarlo. Era solo l'inizio.
Dal terzo anno ci fu una evoluzione: Andrea aveva un DKW da motocross, roba seria dall'accelerazione impressionante. Si facevano vere gare su campi da cross.
Renato decise di fare il salto e si fece comprare anche lui un DKW 125 (nella foto calvalcato da Antony). Lino lo seguiva con un Garelli 50 a 3 marce progressivamente modificato: sella lunga, serbatoio posto orizzontalmente, manubrio allargato, marmitta 200 decibel. La forcella anteriore si reggeva avitata su un solo bullone.
Poi ce n'era un'altra di moto, avvitata senza bulloni, era l'Aspes di Riccardo, nessuno mai l'ha vista, probabimente era una motoballa.
Il Fantic Caballero, la moto più amata dagli adolescenti di quel periodo, non era compresa nella nostra scuderia. Inoltre la moto restava una prerogativa maschile.
Credo che nessuno potrà mai dimenticare i tentativi di Lino e Renato di guadare il fiume durante le scampagnate sulle rive del Pescara (eh sì, in quegli anni remoti si facevano scampagnate sul Pescara e si tornava a piedi arrampicando sotto il dirupo di via Arenazze).
Una bella mattina Lino e Renato decisero di filonare la scuola per andare ad allenarsi sullo sterrato dove stavano realizzando l'asse attrezzato. Il DKW di Renato aggredì il terreno in ripetute impennate. Lino cercava di tenergli dietro mangiando fumo e fango, ma c'era troppa differenza tra un 125 e un cinquantino.
In pochi istanti il Renatissimo era sparito dall'orizzonte. No, non era sparito del tutto, era più avanti schiantato a terra. Lino si avvicinò alla moto con le ruote che continuavano a girare nell'aria, poi vide l'amico steso a faccia in giù. Non si muoveva, non rispondeva. Il casco con la visiera rotta. Provò a tirargli su la testa e lo guardò in faccia: era tutto una maschera di sangue. Corse a chiamare aiuto sulla strada principale.
Il bel Renè fu trattenuto qualche settimana in ospedale, col volto irriconoscibile e la sfilata dei compagni che venivano a fargli visita. Chiissà, forse quell'incidente gli fece passare la voglia del motocross.
Lino qualche anno più tardi sarebbe passato al Gilera 150, modello stradale. Con quel Gilera andò a Pisa, a Bologna, a Milano...
Dal terzo anno ci fu una evoluzione: Andrea aveva un DKW da motocross, roba seria dall'accelerazione impressionante. Si facevano vere gare su campi da cross.
Renato decise di fare il salto e si fece comprare anche lui un DKW 125 (nella foto calvalcato da Antony). Lino lo seguiva con un Garelli 50 a 3 marce progressivamente modificato: sella lunga, serbatoio posto orizzontalmente, manubrio allargato, marmitta 200 decibel. La forcella anteriore si reggeva avitata su un solo bullone.
Poi ce n'era un'altra di moto, avvitata senza bulloni, era l'Aspes di Riccardo, nessuno mai l'ha vista, probabimente era una motoballa.
Il Fantic Caballero, la moto più amata dagli adolescenti di quel periodo, non era compresa nella nostra scuderia. Inoltre la moto restava una prerogativa maschile.
Credo che nessuno potrà mai dimenticare i tentativi di Lino e Renato di guadare il fiume durante le scampagnate sulle rive del Pescara (eh sì, in quegli anni remoti si facevano scampagnate sul Pescara e si tornava a piedi arrampicando sotto il dirupo di via Arenazze).
Una bella mattina Lino e Renato decisero di filonare la scuola per andare ad allenarsi sullo sterrato dove stavano realizzando l'asse attrezzato. Il DKW di Renato aggredì il terreno in ripetute impennate. Lino cercava di tenergli dietro mangiando fumo e fango, ma c'era troppa differenza tra un 125 e un cinquantino.
In pochi istanti il Renatissimo era sparito dall'orizzonte. No, non era sparito del tutto, era più avanti schiantato a terra. Lino si avvicinò alla moto con le ruote che continuavano a girare nell'aria, poi vide l'amico steso a faccia in giù. Non si muoveva, non rispondeva. Il casco con la visiera rotta. Provò a tirargli su la testa e lo guardò in faccia: era tutto una maschera di sangue. Corse a chiamare aiuto sulla strada principale.
Il bel Renè fu trattenuto qualche settimana in ospedale, col volto irriconoscibile e la sfilata dei compagni che venivano a fargli visita. Chiissà, forse quell'incidente gli fece passare la voglia del motocross.
Lino qualche anno più tardi sarebbe passato al Gilera 150, modello stradale. Con quel Gilera andò a Pisa, a Bologna, a Milano...
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