Addio Professore

Il Prof. Iossa se n'è andato. Oggi nella cattedrale di San Giustino sono state celebrate le esequie. Aveva 77 anni. Con lui se ne va un pezzo della storia che ci unisce. Tra i celebranti c'era don Elio Venditti, oggi parroco a Capracotta.



Gite scolastiche

Nel blog c'è la bellissima foto di gruppo scattata durante la gita a Napoli nel 1978. Mi sono chiesto più volte se nel triennio avessimo fatto altre gite insieme. Tommaso mi ha ricordato di una gita a Firenze in quarta alla quale però non ho partecipato. Ho un vago ricordo di una gita di un giorno in terza. C'è qualcuno di voi che ha una memoria migliore della mia?
Un affettuoso saluto
Enrico

L'ostensione dei libri

[seconda puntata della serie "Attimi sfuggenti"]

La professoressa Di Cicco ci imponeva l'obbligo di portare a scuola libri e atlanti. Un libro in meno era una sorta di vilipendio dell’istituzione scolastica. Venire a scuola con tutti i libri invece era un trasloco: Antologia, Grammatica, Eneide, manuale di storia e atlante storico, manuale di geografia e atlante geografico. Qualcuno, come Renato, s'era munito di valigia, non esistevano i trolley. I furbetti cercavano di dividere il peso col compagno di banco, ma la professoressa intuì questa possibilità: leggere in due dallo stesso libro, che assurda promiscuità!

Per impedire un tale scandalo ci impose il rito dell'appello con alzata di libri.
- Ambrosini
- presente!
- libro?
- eccolo.
- atlante?
- è questo.
- Va bene. Basile?
- presente!
Tiziana rispondeva dall’altra fila di banchi e a quel punto la prof capì che tra una ostentazione e l'altra i libri potevano passare furtivamente sottobanco per essere ostentati più volte, perciò decise di fare l'appello seguendo  seguendo l'ordine dei banchi. Cominciamo da Salvatore che stava al primo banco della prima fila.
- Ecco il libro.
- Bene, e l'atlante?
- Eccolo.
- A fianco: Caccamo.
- Ecco: libro e atlante.
- Procediamo dietro...
L'appello proseguiva per tutta la fila e alla fine la prof esigeva l'ostensione collettiva di tutti i libri: tutti noi scolari dopo aver già risposto e mostrato i libri dovevamo sollevarli nuovamente in una specie di alleluja generale. Tutto il rituale si svolgeva nel silenzio e nel timore. Il libro con una mano e l'atlante con l'altra per mostrare che non c'erano stati passaggi clandestini tra l'uno e l'altro. Il rito si ripeteva tre volte per le tre file della classe all'inizio di ogni ora. 

Alcuni scolari avevano l'abitudine di ricoprire i libri con sovracopertine plastificate che nascondevano il vero colore, quindi era impossibile capire a distanza se un libro era veramente quello dichiarato. Poi nella simultanea finale non si capiva proprio niente. Se qualcuno avesse alzato un elenco del telefono si sarebbe cobfuso con gli altri. Probabilmente venivano alzati insieme libri di matematica e di inglese, ma il rito propiziatorio era compiuto e la prof era appagata. Finchè un giorno...

Domenica da Flaiano


La foto ufficiale dell'incontro la metto qui (per vederla grande e scaricarla basta cliccarci sopra). Le altre foto fatte da Enrico le riduco un po' e le invio alle caselle di posta. 
Chi non c'era non riuscirà a vedere l'emozione di ritrovarsi dopo tanti anni e nemmeno la sorpresa di scoprire che il tempo non ci ha cambiato (...e di scoprire anche altre cosette). No, non siamo i "compagni di scuola" alla Verdone.
Ora il blog può ripartire (speriamo) anche per fare concorrenza alle chiacchiere di FB.

Gente sportiva

Qualcuno ricorda cosa stava guardando questa gente? una partita di pallone? un torneo di basket? Dovrebbe essere una foto del 1974-1975.

Negli annali del Masci la nostra classe sarà sempre ricordata come quella più negata per ogni tipo di disciplina sportiva, con la sola eccezione di Carla Ambrosini che ci riscattava tutti nel mondo del Basket. A Chieti in quegli anni il basket furoreggiava con le vittorie della Birra Moretti e della Rodrigo, ma noi si provava solo a scimmiottare qualche cosa che somigliava alla pallavolo.

Non so chi ebbe la sciagurata idea di iscriverci al torneo di calcio. Ricordo solo un gruppo di squilibrati che correvano nel campo della Civitella. Completamente scoordinati, senza fiato. L'unica strategia d'azione era quella di Riccardo che cercava di spaventare gli avversari con qualche versaccio, più o meno come si fa con le galline. Non funzionava molto. Io ero con Antonio Salvatore sugli spalti con una macchina fotografica che sembrava un bazooka, manco alla partita della nazionale c'erano fotografi attrezzati così. In porta c'era Andrea. Mi ricordo che discuteva con Carletto (il custode del campo) che s'era messo davanti alla porta, sopra la scaletta a riparare la rete nel pieno della partita.

Poi ci fu l'ingresso in campo di Enrico, che fremeva perchè non riusciva ad accettare quel disastro di partita, ma non aveva l'abbigliamento sportivo per giocare. Entrò in campo con una tuta presa a prestito che era circa la metà della sua misura.

[Tommaso]

Paparazzata

Questa foto è uno scoop da veri paparazzi. Adesso ci sono i telefonini cellulari che fanno scatti anche migliori e perfino i filmini che poi vanno a finire su YouTube. Allora no, non c'era niente di elettronico. Per fare una foto così ci voleva maestria e pomeriggi passati in camera oscura tra acidi e bacinelle.

Questa foto di Madre Veltri (ve la fate sotto dalla fifa solo a risentire il nome, vero? già vi ritornano in mente tutte le classificazioni di biologia, i citoplasmi, le ossidoriduzioni, le tabelle degli elementi...) fare una foto come questa non era facile: Tommaso aveva praticato un tunnel (roba da conte di Montecristo, uno scavo da talpa) nel suo Diario Vitt con copertina a fondo nero. Il buco aveva lo stesso diametro dell'obiettivo in modo da poter incastrare la macchinetta dentro il diario e nasconderla completamente. Era la Olympus OM1 di Riccardo comandata con una prolunga flessibile per lo scatto. Va che si riconosce pure quel secchione del primo banco.

Napoli 1978


questa è l'unica foto esistente che ci ritrae quasi tutti ai tempi della gita a Napoli. 

(Cliccare sulla foto per ingrandire)

Chi l'ha visti?

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Carla
è una professoressa in qualche istituto superiore di Pescara. Chi l'ha vista dice che per lei sono passati al massimo 3 anni, non 30. E' solo per esigenze professionali che cerca di occultare la sua aria da ragazzina.

Tiziana, la deputata marxista al Consiglio d'Istituto del Masci, dovrebbe vivere a Bologna. Professoressa anche lei, con marito e figli. Le ultime notizie raccolte ce la indicano tra le provette e le serpentine dell'Istituto Ciamician. Curiosamente l'istituto è ancora integro.

Andrea, motocross, dopo la sua carriera politica, troppo fortunata e troppo breve, è tornato alla tradizione di famiglia: fa l'avvocato a Chieti, sempre tenebroso. Qualcuno dice che ormai conduce una vita appartata, tutta dedita al lavoro, altri ritengono che nello studio legale ci sia solo una sagoma o un sosia, mentre lui se la spassa tra spiagge tropicali e stazioni sciistiche.

Rita, da miss top-model pare sia diventata precocissima miss top-manager, tra un volo e un congresso qualcuno l'ha vista, sempre smagliante, in quel di Francavilla al Mare.

Anna, professoressa di chimica a Bologna. Non sappiamo in quale istituto ammalia gli studenti, ma per scoprirlo sarà sufficiente seguire le leggende maniaco-studentesche che hanno come protagonista una prof bionda coscialunga.

Luciano, mago della contabilità aziendale, dopo un fulmineo tirocinio con cui portò al fallimento le diverse aziende di famiglia s'è guadagnato una cattedra universitaria di economia. All'università è difficile incontrarlo perché è sempre impegnato in lucrosi incarichi speciali e consulenze altolocate. Il fallimento dei committenti è garantito.

Antonio, non gira più con la 500 caffelatte, è medico a Pescara e sindaco al suo paesello con solida famiglia e figli ormai già grandi. E' già iniziata una raccolta di firme e tesseramenti per la sua nomina a segretario nazionale del Partito Democratico.

Giancarlo, RayBan incollati sul viso e vespetta 50 bianca, infiltrato permanente nei NAR e nelle BR, chi l'ha visto? forse non lo troverebbero nemmeno quelli della CIA.

Augusta, biondina naturale, è diventata medico pediatra e non sappiamo altro.

Riccardo, il bullo della classe, non ci crederete ma è diventato un vero commercialista con studio nel centro di Pescara. Per non traumatizzare i clienti ha cancellato ogni traccia del suo passato. Usa i modelli delle dichiarazioni IVA per esercitarsi al sudoku, ma finora all'Agenzia delle Entrate non se ne sono mai accorti, un po' perché sono tutti sbagliati, un po' perché riesce a consegnarli quasi senza ridere.

Lino, grande, straordinario, il più buono e il più sincero. Sarà sempre nei nostri cuori. Il Mundez pasticciando con schede perforate e chip è diventato professore di informatica. Non ha mai perso la passione per la moto. Era in sella ad una moto anche il 19 agosto del 2004, quando una vettura in folle corsa l'ha falciato sulla strada di Francavilla. Questo sito è dedicato a lui.

Massimo, della sua spiccata arguzia ne ha fatto un mestiere, abile negoziatore con famiglia ben impiantata a Chieti. Ha il fascino della chioma brizzolata. Ovviamente da lui non compreremmo nemmeno un'utilitaria usata.

Patrizia, la rivoluzionaria femminista, fa anche lei la professoressa? potrebbe far sognare utopie e magie orientali ai suoi studenti. Secondo una leggenda metropolitana il preside avrebbe fatto mettere un cartello alla porta dell'aula: "Non accettate caramelle dalla professoressa!".

Patrizia, la sciassona, potrebbe essere professoressa a Teramo dove sarà facile trovare studenti piuttosto confusi e strapazzati.

Nando, gran malandrino, frequentatore dei retroscena della politica, ora fa il medico a Francavilla, ma sempre malandrino. Davanti all'ambulatorio c'è sempre qualcuno di guardia per avvisare i pazienti che sarebbe meglio farsi visitare altrove da un idraulico, da una massaggiatrice, da un fruttivendolo, perfino dal dott. Frankestein. Tutto è meglio piuttosto che mettersi nelle sue avide mani.

Maurizio, l'impeccabile; qualcuno l'ha visto?

Daniela, esperta di statistica in qualche alta autorità della capitale dove s'è anche decisa a metter su famiglia. Avvistata sulla spiaggia di Francavilla con pupetto. Speriamo che poi non l'abbia dimenticato là visto che di solito dimentica pure la testa. Adesso sapete perché le statistiche ufficiali sono sempre inaffidabili.

Marina, efficientissima capa-scout, sedotta e traviata dal bullo è poi diventata amministratrice di commerci marinari riuscendo a sfuggire dalle grinfie di quel birbante di Riccardo, ma non sappiamo dove sia finita.

Nicola, imprenditore dell'industria alimentare e ben collaudato padre di famiglia. Anche lui dice d'aver cancellato le memorie del passato.

Annamaria, gli occhi più azzurri della classe; graziosa e diligente, ma stai attento che non scherza. Chi l'ha vista?

Enrico, professore a Milano e poi in Trentino, ha mollato tutto per seguire la sposa tedesca e trasformarsi in un Herr Heinrich. E' stato visto arringare la folla davanti alla Porta di Brandeburgo allo scopo di limitare i flussi di immigrati italiani: "tutti terronen, tutti zozzonen, tutti figli di puttanen!" Per tornare in Italia si mimetizza tra i turisti teutonici insieme al pericolosissimo e biondissimo figlio ciermanico con uguali tendenze dittatoriali.

Tommaso, dopo un po' di carriere iniziate e abbandonate nelle pubbliche amministrazioni e nell'avvocatura fa il professore a Chieti, ma sempre pronto ad imboscarsi in strani anfratti pop-accademici ed altri inutili perditempi. Ai suoi alunni ha fatto studiare anche il quarto emendamento alla Costituzione di Atlandide.

Marta, graziosa farmacista avvistata in zona pineta a Pescara. Dentro la farmacia, ovviamente! E dietro il banco, naturalmente! Se volete comprare quelli al sapore di fragola, misura gigante in lattice fosforescente, evitate il travestimento, tanto sa benissimo che una richiesta così la può fare solo uno di noi: "Riccà, levati sto passamontagna che siamo a luglio, e non dire che ti servono per scaricare l'iva dalla dichiarazione."

Tony, pianista jazz di fama mondiale, sindrome cronica da Peter Pan (classificata nei manuali di psichiatria come sindrome Tony-Pan), stabile residenza tra le nuvole, mantiene un pied a terre nei vicoli di Chieti dove la gente, memore di scherzacci da commando sabotatori, nel vederlo passare fa sempre un controllo alle luci e alle rubinetterie.

Peppino, el fuego, dovrebbe fare l'agronomo, dove non sappiamo. Se è rimasto caliente com'era forse basta seguire la pista degli incendi boschivi.

Antonio, flambart, da rivoluzionario a medico: il contrario di Che Guevara. Ha messo su famiglia al suo paese e invece di compiere attentati rivoluzionari ora si dedica al salvataggio delle vittime. Visto in TV mentre segnalava al mondo il pericolo mortale del Tamagochi. Ora sta organizzando un congresso medico internazionale sui traumi psicologici infantili causati dall'eccessiva contemplazione del tappo della penna Bic.

Leda, schiva e silenziosa, fu la prima ad accasarsi. Rose e fiori. Qualcuno l'ha vista?

Anna Carola, la rossa tutto charme e tutta grinta; acclamata come sexy dottoressa da tutti i distretti militari del globo terracqueo, pare che abbia preferito una clientela femminile in terra padana, lasciando disperati e affranti numerosi eserciti di ammiratori. Chi l'ha vista?

Donatella, medico nella clinica di famiglia. Ti fa la radiografia con un supermoderno apparecchio che mette in evidenza ogni minimo dettaglio fino al DNA, ma non le basta per riconoscerti perché nel DNA non ci sta scritto il nome e la classe di provenienza del malcapitato. Qualcuno ha provato a farsi riconoscere ingoiando la tessera sanitaria: inutile.

Renato, medico anche lui? nella nebbiosa Padania? forse in Brianza? qualcuno l'ha visto? si sarà affiliato al Ku Klux Klan oppure s'è accontentato della camicia verde? L'importante è il colletto ben abbottonato.

I DISERTORI ? certo parliamo anche di loro:

Fausto fa lo psicologo a Chieti, è passato dal Benelli 3 marce ad una storica imponente BMW; Pierluigi dopo alcune (dis)avventure americane è avvocato nello stesso studio che fu del padre; Massimo è stato visto recitare in teatro, autore e capocomico. Valeria e Alessandra sono maestre e in questi trent'anni avranno ormai educato generazioni di pargoli. Degli altri non sappiamo niente. Solo Patrizia De Cristofaro, che ci ha lasciato troppo presto, possiamo immaginarla lassù, insieme a Lino, mentre ci guardano
e ridono di noi.
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Registro di classe - 1978

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AMBROSINI Carla
BASILE Tiziana
BURACCHIO Andrea
CANTARINI Rita
D'AMICO Anna
D'AMICO Luciano
D'ARISTOTILE Antonio
DEL GATTO Giancarlo
DE LUCA Augusta
DE LUCA Riccardo
DI CARLO Lino
DI CLEMENTE Massimo
DI COCCO Patrizia
ERCOLE Patrizia
ESPOSITO Francesco (Nando)
GENTILE Maurizio
GIANGIULIO Daniela
LAPENNA Marina
MAMMARELLA Nicola
MORELLI Annamaria
ODORISIO Enrico
PALERMO Tommaso
PANARA Marta
PANCELLA Antonio (Tony)
PETTA Giuseppe
SALVATORE Giuseppe (Antonio)
SARDO Leda
SCAPINELLI Anna Carola
SPATOCCO Donatella
TURRINI Renato
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Disertori e dispersi

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... Pellegrini, Massimo Saraceni, Domenico Caccamo, ... Iacobucci, Fausto Rocchetti, Pierluigi De Virgiliis, Paolo Contini, Michele D'Errico, ... Marcheggiani, Nadia Marzullo (Mazzullo?), Patrizia De Cristofaro, Valeria D'Amico, Alessandra La Rovere ... sono tutti e tutte dei nostri.

I Professori

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Italiano e Latino -
prof.ssa ... Di Cicco
prof.ssa ... D'Urbano
prof.ssa Piera Azzariti
prof.ssa Giulia Franchi
Matematica e Fisica -
prof. Antonio Campana
prof. ... De Leonardis
prof. Michele D'Agostino

Inglese -
prof.ssa Marina Marciante
prof.ssa Loredana Croce
Francese -
prof. ... Monteferrante
prof.ssa ... La Rovere

Storia e Filosofia -
prof. Bartolo Iossa

Biologia Chimica Astronomia -
madre Veltri
Disegno e St. Arte -
prof. ... Stocola
prof. ... D'Angelo
Educazione Fisica -
prof. Mario Faraone
prof.ssa Marcella Taralli
prof. Raffaele D'Alessandro
Religione -
prof. don Elio Venditti
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Attenti a quei due

Il segnale di pericolo accompagnava sempre i due bulli senza pupe. Qui li vedete ritratti nella giusta cornice. La foto fu scattata in una bettola di Casalincontrada al ritorno da un festino notturno al "Castello dei fantasmi" di Roccamontepiano. Era all'incirca il 1977.

il filone

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Trinità ore 8:10

Tony: "Oggi un filoncino... che dite?"
Ric: "Eh, quasi quasi"
Tom: "Mhm, non lo so"
Tony: "Io lo faccio, dài, non mi tiene proprio di entrà."
Tom: "No, io no, non mi conviene oggi..."
Ric: "Sì, ma addò ce n'andiamo"
Tony: "Come Riccà, non ti ricordi che ci sta quella cosa..."
Ric: "Ah sìììì. Bhe allora sa da fa!"


Trinità - Ore 8:13

Tony: "Dài Riccà andiamo, che sennò qua ci vedono. Mo cominciano a passà i professori..."
Ric: "Sì, andiamo sotto alla villa, va. Cià Tommà."
Tom: "Cià, ci vediamo oggi pomeriggio."
Tony: "Cià"


Trinità - Ore 8:15

Renato: "Dove vanno?"
Tom: "Fanno filone."
Daniela: "Pure oggi? ma non stanno esagerando?"
Tom: "Bho, dice che devono fa na cosa."


Trinità - Ore 8:20 -
il gruppetto si avvia nella salita verso il Liceo. Altri compagni di scuola li raggiungono davanti al portone. Aspettano insieme il suono della campanella per entrare.

Aula della terza D - Ore 8:26 -
Tom entra buttando il tascapane sul banco... poi sgrana gli occhi in direzione di un banco che doveva essere vuoto:

Tom: "Eehhhhh! E voi che state affà qua?"
Daniela: "Aaaah, ci avete ripensato! bravi, bravi!"
Renato: "Filone! chi loro? fanno filone dentro la scuola!!!"
Tony: "No, noi no, NON ci abbiamo ripensato."
Tom: "Allora perché state qua e come ci siete arrrivati se non vi abbiamo visti passare?"

Tony e Ric si guardano. Hanno un'aria insolitamente tranquilla, quasi remissiva, però come se nascondessero qualcosa.

Tony: "glielo diciamo?"
Ric: "Eh?!? ehmmm..."
Daniela: "Ma che hanno fatto questi due? so' strani stamattina."
Tom: "Uè, allora? il filone? non dovevate fare filone?"
Ric: "Certo. Infatti ce ne siamo andati. Abbiamo fatto filone."
Daniela: "Ma se siete entrati prima di tutti!"
Tony: "No, siamo andati alla villa e poi, per evitare che ci potesse vedere qualcuno che veniva su da viale Europa, siamo scesi sotto alle scalette. Quelle strette strette che poi finiscono dietro alle fratte dell'asilo abbandonato.."
Tom: "Ah, sì."
Tony: "Appena siamo sbucati di sotto, sembrava che non ci stava nessuno, mi sento a sonà un clacson: buuuuù"

Ric: "Citroen Diane verde smeraldo con dentiera luccicante da quarantaquattro dentoni spiaccicati dietro il parabrezza: eeeeeh."
Daniela: "Nooo! vi stavano per investire?"
Tony: "Macché investire... era la Franchi. Ci pensi che cazzo di jella! la Franchi che veniva a scuola. Ci ha beccato là, proprio noi, nel preciso momento che siamo sbucati dai cespugli, porca mannaggia zozza..."
Ric: "Ooooh, cari ragazzi, venite venite, vi porto iiiio così non fate tardi a scuola. Lo vedo che vi stavate affrettando, salite, saliiite..."
Tony: "Capito? ci ha portato a scuola, in macchina, perciò non ci avete visto. Bel filone!"
Ric: "Eh eh eh eh... e lui ja detto pure 'Grazie professorè, molto gentile' eh eh eh eh"
Tony: "Cazzo ridi scemo, che mo stiamo qua tutta la mattina. e ci stai pure tu! e ridi!"

Se è successo in terza o in quarta non ce lo ricordiamo più. Vita da bulli.

Primizie


Ecco nostre le ragazze (ovvero le pupe dei bulletti) nel 1976. La foto, che dovrebbe essere scattata a casa di Rita, è allampata, ma non mancano primizie da ammirare.

Indovinello



E' una cerimonia di incoronazione oppure un rituale sacro di beatificazione? La domanda è difficile, lo so. Prima di rispondere (lo spazio per i commenti è fatto apposta per mettere le vostre riposte) osservate bene anche la seconda immagine: ci sono tubature che fanno pensare ad un certo luogo, l'ispettore Flambart non ha ancora richiuso la bottega e il giornalista sportivo era lì per discutere degli esiti dell'ultimo campionato. Si vede anche che un'incoronazione c'è stata, ma non era propriamente una corona.

L'ora di ginnastica in prima

Ottobre 1973, ora di ginnastica. I ragazzi scendono in palestra. Le ragazze restano in aula, senza vigilanza. A quei tempi i liceali, anche se minorenni e femminucce col grembiulino obbligatorio, erano considerati autosufficienti e non minorati psicofisici come ora. Non c'era bisogno di costante vigilanza da carcere di massima sicurezza.

Negli spogliatoi i ragazzi, insieme a quelli della sezione F, si svestono per indossare la tuta da ginnastica. Tutti tranne due: Lino e Renato. Loro invece di spogliarsi si vestono. Si mettono la tuta sopra i pantaloni e sopra la maglia e la camicia, sì quella che Renato porta sempre ben abbottonata col colletto rigido da ufficiale della Wermacht.

In palestra il prof fa schierare tutti in fila in ordine crescente di statura e fa l'appello. Un passo in avanti per rispondere. Il prof è Mario Faraone, ginnasta dal corpo muscoloso, allenatore inflessibile, si accorge che un paio di ragazzi si muovono in modo un po' goffo. Movimenti impacciati, rigidi, tipo robot con le pile scariche, ma non penserebbe mai che si sono equipaggiati da polo nord. Poi ordina di correre: riscaldamento.

Lino e Renato dopo due giri sono già alla liquefazione da sauna finlandese. Arriva il momento di saltare il plinto. Lino e Renato fanno uno sforzo pazzesco con braghe e pantaloni insalsicciati nella tuta. Non sono campioni di agilità, ma in quelle condizioni è impossibile: un disastro, scena da ridolini. Il plinto urtato frontalmente si scompone in tutta la piramide di legno sul pavimento. Forza, riprovateci! ordina il prof.

Renato sbuffa come una locomitiva e va riprendere la rincorsa. Dopo vari tentativi con identico disastroso risultato il prof Faraone si avvicina e si accorge che i due ginnasti sono perfettamente abbigliati per un numero di clown al Circo Togni, il naso rosso viene naturale per lo sforzo, basterebbe solo un paio di scarpe poco più grosse al posto delle Superga.

"Disgraziati! come siete combinati? La tuta sopra i vestiti!?! La tuta non è un soprabito, vi manca solo il trench e l'ombrello: andate a spogliarvi, subito! VIA!"

Renato veramente il trench e l'ombrello ce l'aveva, là nello spogliatoio, insieme alla sua valigia da scuola. E' arrabbiatissimo: "la prossima volta farò il contrario, non posso mica accettare questa umiliazione dello strep tease".

L'ufficiale della Wermacht non si spoglia davanti a nessuno! Piuttosto uno scafandro. Infatti da quel giorno è venuto a scuola con la tuta sotto i vestiti. Nello spogliatoio si sfilava camicia e calzoni ed eccolo pronto per l'altletica: hop hop! Poi alla fine dell'ora, fradigio come una spugna imbevuta di sudore, si ricopriva con l'intero abbigliamento civile allacciandosi tutto fino all'ultimo bottone: "Ecco qua, perfetto. Non è mica logico spogliarsi per doversi poi rivestire. Logica, razionalità, ci vuole razionalità!"

Centauri

Il capostipite dei centauri è stato Fausto, col suo Benellino a 3 marce. Tommaso portò a Chieti il suo Corsarino Moto Morini all'inizio del secondo. Lino e Renato durante l'estate si motorizzarono: un Califfo e un Ringo Rizzato. Poi arrivò la vespetta 50 di Giancarlo. Era solo l'inizio.

Dal terzo anno ci fu una evoluzione: Andrea aveva un DKW da motocross, roba seria dall'accelerazione impressionante. Si facevano vere gare su campi da cross.

Renato decise di fare il salto e si fece comprare anche lui un DKW 125 (nella foto calvalcato da Antony). Lino lo seguiva con un Garelli 50 a 3 marce progressivamente modificato: sella lunga, serbatoio posto orizzontalmente, manubrio allargato, marmitta 200 decibel. La forcella anteriore si reggeva avitata su un solo bullone.
Poi ce n'era un'altra di moto, avvitata senza bulloni, era l'Aspes di Riccardo, nessuno mai l'ha vista, probabimente era una motoballa.

Il Fantic Caballero, la moto più amata dagli adolescenti di quel periodo, non era compresa nella nostra scuderia. Inoltre la moto restava una prerogativa maschile.

Credo che nessuno potrà mai dimenticare i tentativi di Lino e Renato di guadare il fiume durante le scampagnate sulle rive del Pescara (eh sì, in quegli anni remoti si facevano scampagnate sul Pescara e si tornava a piedi arrampicando sotto il dirupo di via Arenazze).

Una bella mattina Lino e Renato decisero di filonare la scuola per andare ad allenarsi sullo sterrato dove stavano realizzando l'asse attrezzato. Il DKW di Renato aggredì il terreno in ripetute impennate. Lino cercava di tenergli dietro mangiando fumo e fango, ma c'era troppa differenza tra un 125 e un cinquantino.

In pochi istanti il Renatissimo era sparito dall'orizzonte. No, non era sparito del tutto, era più avanti schiantato a terra. Lino si avvicinò alla moto con le ruote che continuavano a girare nell'aria, poi vide l'amico steso a faccia in giù. Non si muoveva, non rispondeva. Il casco con la visiera rotta. Provò a tirargli su la testa e lo guardò in faccia: era tutto una maschera di sangue. Corse a chiamare aiuto sulla strada principale.

Il bel Renè fu trattenuto qualche settimana in ospedale, col volto irriconoscibile e la sfilata dei compagni che venivano a fargli visita. Chiissà, forse quell'incidente gli fece passare la voglia del motocross.
Lino qualche anno più tardi sarebbe passato al Gilera 150, modello stradale. Con quel Gilera andò a Pisa, a Bologna, a Milano...
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Fiat 500



Oggi c'è chi compra il SUV o l'Harley Davidson per ostentare un simbolo di libertà, ma l'unico vero simbolo di emancipazione e di libertà è stato lui: il cinquino.
Nella foto si vede la 500 caffelatte di Capitan DAris e c'era anche quella bianca di Ricky, quella celestina di Tommy, quella blu di Rita (col motore truccato), ma prima di tutte ci fu quella della Stocola, che non partiva e lei pensò bene di chiedere aiuto ai suoi studenti... così quei due pivellini quindicenni di Ricky e Tom, che gli avresti affidato neanche un ciclomotore, si fecero il loro giretto alla Trinità col macinino scoppiettante della più ingenua professoressa del mondo.

Attimi da fuggire -1 (la cabala)

Se il celebre regista australiano Peter Weir avesse ambientato il suo film sulla scuola nel Liceo Scientifico di Chieti invece che nella Welton Academy il risultato sarebbe stato piuttosto diverso e la nomination per l'oscar sarebbe andata alla sora Lella Fabrizi.

L'edificio di via Nicoletto Vernia ha la giusta solennità di una seriosa e rigida istituzione scolastica d'altri tempi: c'è la lapide con la proclamazione della vittoria da parte del generale Firmato Diaz e la pietra bagnata dal sangue dei fanti. C'era anche un preside arcigno e minaccioso, il prof. Luigi Capozucco detto Giggino, che imponeva una severissima disciplina o perlomeno ci provava. Mentre ci provava però simulava il gesto pilatesco del lavarsi le mani.

Il film non avrebbe potuto intitolarsi "L'attimo fuggente" ma piuttosto "l'attimo da fuggire" e avrebbe avuto come protagonista non l'aitante prof. Keating e il suo intrigante "Carpe Diem", bensì la temibile professoressa Di Cicco con i canti di una traduzione dell'Eneide mandati a memoria.

La sora Lella, con un adeguato trucco e un finto strabismo, era l'attrice con la giusta somiglianza fisica per interpretarne il ruolo. Lo spirito ovviamente non poteva essere quello scanzonato e romanesco di molte sue interpretazioni. Per essere perfetta avrebbe dovuto assumere il tono burbero da direttrice del collegio di Gian Burrasca o quello di una spietata Kapò.

La professoressa Di Cicco era soprannominata D'Artagnan per via del suo abbigliamento che includeva scarponcini con grosso tacco e vistosa fibbia quadrangolare, cappello ampio e floscio con piume e mantellina sulle spalle. Il fioretto lo dimenticava sempre a casa. Era un'insegnante vicina alla pensione con l'unico scopo di mantenere un totale e assoluto controllo sugli scolari. A questo fine utilizzava particolari regole e particolari strumenti.

Lo strumento principale erano gli occhiali scuri, un modello con lenti piegate ad angolo in modo da creare una chiusura anche laterale. Erano occhiali da motociclista per difendersi dal vento. Lei li usava in classe per celare la direzione del suo sguardo. Gli alunni si devono sentirsi osservati sempre, tutti! Evidentemente non sapeva che anche senza occhiali gli alunni non riuscivano ugualmente a seguire il suo sguardo perché l'anziana insegnante aveva un occhio offeso e non allineato con l'altro. Quando faceva una domanda erano sempre in due a rispondere scatenando le sue ire:
- Ehi, ma che non lo vedi che sto parlando con te?
- dice a te?
- no, dice a te!
- EHI, non parlare con lui che non c'entra niente! Rispondi alla domanda!
- chi io? - replicavano in coro le due vittime.

Arrivava a scuola sempre in ore successive alla prima. Procedeva lentamente lungo la salita di via Vernia, a piccoli passi, precisi, calcando il suolo con i piedi divaricati. Saliva con i libri sottobraccio e la piuma del cappello visibile da lontano. Vederla arrivare metteva già ansia e quella scena dell'arrivo della professoressa D'Artagnan era lentissima. Una tortura che durava quasi tutta l'ora precedente la lezione. Quando poi i suoi passetti risuonavano nel corridoio gli scolari trattenevano il fiato per la paura: puro triller!

Erano due i suoni che segnavano lo stato d'animo dei piccoli liceali del Masci: i passi della DiCicco simili ad un metronomo regolato per la massima suspance, e il cigolio del carrellino che trasportava la lavagna luminosa usata dal prof. Campana. Anche questo era un suono atroce, adatto ad un film di fantasmi, però lo si poteva considerare quasi amichevole perché l'arrivo della lavagna luminosa significava che a matematica il professore spiega, quindi non interroga. Sollievo.

L'altro strumento di terrore della DiCicco era la lista delle vittime, l'elenco degli alunni da interrogare. Era una lista di numeri e non di nomi. Veniva letta col tono perentorio di una sentenza inappellabile. Ogni alunno doveva conoscere a memoria il proprio numero e doveva presentarsi immediatamente accanto alla cattedra-patibolo. L'unico problema era l'impossibilità di conoscere esattamente il numero perché nei registri c'era stato qualche nome inserito e depennato che aveva fatto slittare la numerazione. Ogni alunno conosceva quindi il proprio numero che cambiava in ogni materia e la professoressa non diceva qual era la materia: una vera cabala. Alla chiamata dei numeri 8, 13, 18 e 24 si presentavano Del Gatto, Di Carlo, Marcheggiani e Salvatore. Il primo era salvo perché faceva parte dei numeri invarianti, gli altri venivano scrutati da capo a piedi, lentamente, come se fossero arrivati a scuola in abbigliamento da carnevale:
- Tu chi sei?
- Salvatore.
- Cosa vuoi? chi t'ha chiamato?
- Sono il numero 24... avete chiamato il 24. Ho capito 24.
- E' Rocchetti il 24. Tu sei Rocchetti? dov'è Rocchetti?
- Veramente Rocchetti è 24 a Storia, io sono 24 a italiano.
- E questa è storia! non lo sai che questa è l'ora di storia? Italiano oggi lo facciamo dopo. Che vergogna! è pazzesco, dopo tanto tempo non avete ancora imparato il vostro numero! incredibile! Niente, non sanno mai niente!

Così Salvatore, nonostante la sfuriata subita, sgattaiolava verso il banco con gran sollievo e Rocchetti raccoglieva l'occorrente per il patibolo vrastemando sottovoce.

Sì, c'era anche la regola che al patibolo non si poteva mai arrivare a mani vuote. Ma questo lo racconteremo nel prossimo capitolo.
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Sul porto di Ortona

Comitiva con Turrini benedicente, ma quello che aveva ambizioni da papato era Luciano. Secondo me ce l'ha ancora adesso. Quel giorno però non c'era.

Cena di fine seconda



Cena di fine anno del giugno 1975, ristorante Da Nino. Sono riconoscibili il prof. De Leonardis, la mitica prof.ssa Stocola e la prof.ssa Azzariti.
Giancarlo qui era già diventato fascista col fanatismo del neo-convertito (in prima era arruolato tra gli Avanguardia Operaia) in terza ce lo ritrovammo zelante attivista del partito comunista.
Antonio Salvatore (prima versione flambartiana) con Lino quando non era ancora andato dall'oculista.

Era la seconda

Altra foto della cena da Nino, alla fine del secondo anno: la prof D'Urbano e il prof De Leonardis.

Vocabolario

ALTERNATIVO - 1° comandamento del teen ager anni '70. Tutto e tutti dovevano essere "alternativi", pena emarginazione con massimo disonore. Ovviamente quanto più eri alternativo tanto più eri uguale a tutti gli altri, cioè conformista: una trappola bestiale!

ALLUPATO - colui/colei che non riesce ad occultare adeguatamente il suo normale e permenente stato d'animo.

AMORE - parola interdetta, impronunciabile, esclusa ufficialmente da ogni dizionario. Sostituibile con diversi sinonimi: "stare con", "mettersi con", "avere una storia con" o molto brutalmente "fare", "farsela", "farselo". L'utilizzo più frequente di tali sinonimi si riscontrava in contesti di pura invenzione o pornodelirio (vedi anche alla voce PORNODELIRIUM TREMENS).

BACIO - i pochi tentativi introdotti col gioco della bottiglia e dell'orologio furono presto abbandonati per eccessiva imbranataggine dei maschietti.

BIGATTINI - piccoli vermi da pesca custoditi in barattolo ed affettuosamente utilizzati come saluto beneaugurale. Se ne infila qualche manciata nel colletto o nella scollatura del compagno (delle compagne no, altrimenti ti tolgono il saluto a vita).

BLUE JEANS - indumento obbligatorio ed insostituibile che i nostri conobbero fin dagli labori nei favolosi anni sessanta, quando, in tenera età, indossarono i primi Roy Rogers, duri, rasposi, impregnati di gusto western, di spregiudicatezza da teddy boys e di invasato rock and roll. Poi arrivarono quelli a zampa d'elefante, bandiera hippy di Adriano Celentano in Yuppi Du. Infine attraverso una fase tutta teatina segnata dal marchio HP (vedi alla voce) si passò ai Lewis a tubo, strettissimi.

I jeans dovevano assumere l'aspetto slavato, vissuto, freak. Per raggiungere questo risultato dovevano subire energici lavaggi sull'astriculatore, strofinamento di mattoni, accurati dosaggi di candeggina, scivolarelle su pietre porose, ecc. ecc. Il trattamento era anche rischioso perché non era ancora arrivata la moda del jeans strappato, quindi un incidentale strappo avrebbe costretto a buttar via i calzoni con inevitabile reazione mammaria intra moenia (e no, scusa, stasera non posso uscire).

I jeans dovevano essere scelti con almeno una misura in meno. Per indossarli ci voleva una sorta di tavolo da tortura con le funi di stiramento invertite oppure un paio di robusti tiratori. Un trattamento dei jeans ben riuscito con successivo inguantamento coscio-gluteale completo garantiva il massimo della soddisfazione personale. Nessuno scultore avrebbe potuto ottenere una più plastica esaltazione di cosce e di culi. La faccenda riguardava soprattutto (ma non solo) le ragazze. Chennevonnesapemò li giuvinotti colle braghe calanti e l'ombelico da fuori!

La scienza moderna è ancora lacerata sulla classificazione dei reperti: da una parte c'è chi vorrebbe includerli tra gli strumenti di tortura al pari del cilicio e della cintura di castità, altri invece sostengono che il jeans superattillato appartiene alla categoria degli stimolatori sessuali, essendo notoriamente più efficace del tanga e del viagra.
Venerabili maestre di quest'arte conturbante e sopraffina furono Carla e Anna, seguite a ruota (pardon: a coscia) da tutte le altre.

COPPARE - termine di etimologia incerta equivalente ad agganciare, rimorchiare. Il COPPATORE è colui che coppa, che ha molto successo con l'altro sesso. STARE DI COPPA significa essere pronto all'agguato, avere l'abbigliamento giusto, l'atteggiamento giusto e l'occhio vispo. Considerato che l'esito finale di tutto questo non è sempre verificabile capita sovente che il COPPATORE o la COPPATRICE faccia tanto fumo e niente arrosto, per essere più precisi il soggetto non acchiappa, non "coppa". In tal caso non perde il titolo perché comunque sta di coppa, nel senso che ci prova e quindi sempre coppatore/trice è.

HP - Modello di jeans con doppia cucitura laterale, vita e cavallo strettissimi. Denim artisticamente stinto. Furono un vero status simbol del teatino autentico. La slavatura faceva risparmiare la fatica del trattamento che fino ad allora era stato empirico e faticoso. (vedi anche Blue Jeans)

KAMIKAZE - il termine definisce colui che nella piena consapevolezza di non aver studiato nulla è disposto ad immolarsi presentandosi come volontario all'interrogazione. Negli annali dell'eroismo studentesco brillano le temerarie gesta di Tony Pancella che affrontava lo SCHIOFFO sprezzante di ogni conseguenza e armato solo della propria abilità affabulatoria. Con ineguagliabile faccia di bronzo si presentava alla cattedra nel tripudio generale e la fascia bianca legata al braccio, fregiata del sole nipponico.
La Franchi: "che c'è? che succede?". Tony: "No, niente, una piccola ferita al braccio..."

LODEN - cappotto lungo di tessuto morbido e peloso, colore verde scuro. Negli anni '70 il loden sostituì l'eskimo dei sessantottini. Aveva una grossa piega nel mezzo della schiena non trattenuta da cinghia o martingala e ciò generava un effetto svolazzante tipo mantello.

LOZZA - terrificante montatura da occhiali capace di mostrificare qualunque volto. Soppiantò il dominio dei RayBan.

MOLLA - (vedi Tascapane)

NUTELLA - (vedi Stozza)

PORNODELIRIUM TREMENS - lo stato più avanzato del deliquio amoroso con tempesta ormonale forza 17 generava terribili effetti boomerang, per cui la ricerca di un appagamento si trasformava in certezza di non appagamento e questa evolveva verso forme di auto-punizione o autodistruzione. Una classica manifestazione di pornodelirium tremens erano le caricature delle ignare professoresse schizzate clandestinamente dalla penna di Tony.
Quelle oscene caricature oggi purtroppo introvabili furono acquistate dagli strizzacervelli americani per rendere inoffensivi i maniaci sessuali: dopo che ne hai vista una, ti si imprime nella mente un'immagine talmente vomitevole che, alla sola idea di una donna nuda, il ricordo ti assale e il raccapriccio ti paralizza.

POSATORE - colui che SI SPARA LE POSE, narcisismo esibizionista che tende a manifestarsi con regressioni al gioco delle "belle statuine".

SCHEMA - comportamento corrispondente ad una strategia d'acchiappo. Tra i numerosi tipi di schema possiamo ricordare lo "schema dello sciacallo" considerato il più abietto, si attua offrendo sostegno morale al ragazzo/a che attraversa un momento di crisi di coppia; lo "schema dell'intellettuale" tratteggiato in alcuni film di Nanni Moretti (mi si nota di più se non vengo o se vengo e resto in disparte?) applicato anche in diverse varianti: la variante "dell'esistenzialista" è la più tenebrosa e angosciosa, deve apparire come uno che legge e medita profondamente Sartre, Camus, Lacan... nella forma più estrema si può arrivare allo "schema del depresso"; la variante "del poeta" risulta piuttosto rischiosa perché se applicata in un momento poco opportuno o con la persona sbagliata espone al rischio del patetico. Molto ardito è lo "schema del folle" che richiede notevole fantasia ed una buona faccia di tolla, espone sempre al rischio di fare la figura dello scemo.

SCHIOFFO - SCHIOFFARE - andare malissimo all'interrogazione.

SPELLAMENTO - essere o venire spellato, subire una interrogazione particolarmente sadica da parte di un insegnante che studia le domande al preciso scopo di mettere in difficoltà il/la volenteroso/a alunno/a.

STOZZA - in mancanza delle merendinerie industriali della serie Kinder la nostra "stozza" era costituita da panino con mortadella o da pizza al pomodoro (il top era quella di Del Grosso al vicolo di via Cauta). Escluso il Buondì Motta perchè troppo borghese. STOZZARE ha il significato di offrire, far partecipare alla "stozzatura". Chi non stozza si strozza. Esisteva però la Nutella, rara prelibetezza da spalmare sul pane. Solo la mente diabolica di Patrizia Ercole poteva elaborare qualcosa di ancor più gustoso, che oltrepassava anche le maniacali scorpacciate che Nanni Moretti avrebbe portato sul grande schermo dieci anni dopo: la Nutella sugli Oro Saiwa, nettare degli dèi.

TASCAPANE - lo zainetto era roba da venire, a scuola si andava con la cartella che solo i bimbi meglio addomesticati portavano con cinghiette tipo zaino. Già alle medie la cartella era snobbata e sostituita con la MOLLA. L'alternativa di sinistra alla molla era il tascapane militare, una sacca quadrangolare, sformata e ricoperta di scritte, che non dovete immaginare come decorazioni a pennarello perché noi ci avevamo solo la Bic. Le scritte erano patacche di inchiostro.

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